il corpo verso

*

Il sedile di pietra
accanto al mare.
Ti levasti i sandali.
Una nave illuminata
Ghiannis Ritsos

 

il tuo corpo verso il mare
lo sguardo dietro
piccole cose
e io ti lasciavo
sperando la tua mente almeno
volta verso di me
© sofia demetrula rosati
 

Antonis Fostieris tradotto su Anterem

Sul nuovo numero della rivista Anterem (n.88 – giugno 2014) dal titolo “Per crescita di buio”,  poesie di Antonis Fostieris dalla raccolta Lete prezioso.

Traduzione e riflessione critica di Sofia Demetrula Rosati

 

anterem_88

 

 Si potrebbe dire che abbiamo due destini: uno mobile e senza importanza, che si compie; e un altro, immobile e importante, che non si conosce mai.
Musil

 Sommario

 Editoriale

 

considerazioni sul “poeta che traduce poesia d’altri”

traduzione poeticaQuando mi si chiede di tradurre poesia, nel mio caso dal greco moderno, so già che mi aspetta un lungo periodo di inquietudine, di lettura dei testi e pause infinite, ruminazioni senza posa, nottate sui dizionari, spesso più su quello di italiano piuttosto che su quello di greco, innamoramenti lessicali, infinito fare e disfare. E so che prima o poi sarò costretta a mettere un punto, mio malgrado, avendo trasgredito qualsiasi “andare oltre le scadenze”. Sarò costretta a mettere un punto perché altrimenti quella traduzione non vedrà mai fine e pubblicazione. Ma ogni volta mi chiedo come si fa a chiudere una traduzione?

Voglio dire: per un qualsiasi testo poetico, italiano o già tradotto, ad ogni rilettura trovo una nuova dimensione di senso, un’ispirazione, una sfumatura e mai finisco e mai voglio finire perché altrimenti non sarei poeta io stessa. E in questi casi mi trovo di fronte ad testo già chiuso (o almeno così qualcuno ha deciso). Ma quando devo essere io a decidere? Beh si dirà: attieniti quanto più strettamente al testo scritto dal poeta ed effettua solo quei tradimenti “necessari” a che la lettura della poesia possa “svolgersi” in italiano. Ma io non sono una traduttrice, io sono poeta. Quando apro il dizionario per vedere quante “sfumature” di traduzione ha uno stesso vocabolo, per me sono tutte da tenere in serissima considerazione, e poi quando propendo per un vocabolo allora ne vado a cercare le sfumature nel dizionario di italiano per essere sicura che voglia dire proprio quello che io ho sentito “volesse” dire, per poi, ovviamente tornare indietro.

Se penso a tutte le volte che amici o lettori appassionati dei miei testi mi hanno chiesto “ma cosa volevi dire esattamente qui, in questo/i versi….spiegami” e alla rabbia che puntualmente mi assale e che nascondo malvolentieri perché l’unica risposta possibile è: quello che io voglio dire a te non deve interessare più di tanto, non sperare di rubarmi l’anima anche se te l’ho sbattuta su di una pagina bianca, vedi piuttosto se qualche parte della “tua” anima si rispecchia in quella pagina opaca e parlamene.

E quindi con quale presunzione posso pensare di accingermi a tradurre un testo cercandone la traduzione più esatta e soprattutto a quali delle infinite dimensioni di senso che mi arrivano da quel testo dovrò dare voce e, finalmente far cadere la penna? Sinceramente non lo so.

Mi dico solo che, meno male non sarò l’unica a tradurre questo testo, anche altri traduttori e poeti si cimenteranno, prima o poi con esso e riporteranno altro. Io avrò solo fatto la traduzione più approssimativa al mio dire di quel preciso momento della mia vita.

© sofia demetrula rosati

 

prosa poetica

bellezza incostante

il frattale del dolore   produce    geometrici movimenti di      bellezza incostante      un alito di vento      poi rinuncia    bambini stuprati      urla più     vischiose del   sangue cercano qualcosa su    cui     attaccarsi morire di fame    uno ogni   cinque secondi    una donna su tre  ha subito una violenza    una bambina più volte molestata e violentata  ha   contratto l’HIV    ora è una donna  la speranza costruisce    epicentri confidando nell’irradiazione a    onde d’urto  dopo un’eruzione vulcanica     la vita torna nel giro di tre anni    costanza sbalorditiva     qui nel     luogo del post Big Bang     non  c’è tregua   la morte è solo un movimento nel     passaggio geometrico di un    frattale in     bellezza incostante

© sofia demetrula rosati

 

la poesia uccide

imagesNon è sempre facile sopportare la poesia, può portare l’essere umano in direzioni inattese. Mi hanno donato le ali, ma dov’è l’aria per volare? [….]  Ormai ha da tempo dimenticato la presenza di Jens, pochi versi di Jonas e il ragazzo è sparito nelle parole, non si cura più della tempesta, recita i versi a voce alta per se stesso, li recita come una formula magica che gli permette di intravedere altri mondi. Nulla mi è delizia, tranne te. La poesia uccide, ti dona ali, le agiti un po’ e ti accorgi di avere catene. Ti apre mondi nuovi, e poi ti riporta brutalmente indietro, nella tormenta, nello squallore quotidiano. Che senza l’amor mio la vita è morte; per qualche motivo il ragazzo sente il bisogno di ripetere l’ultima strofa, e allora Jens si alza, senza l’amor mio la vita è morte, si alza e si precipita fuori, verso la tempesta, o meglio, dentro la tempesta, e sparisce. Allora il ragazzo si strappa dal potere della poesia e si affretta a seguirlo per non perdersi.

da La tristezza degli angeli di Jón Kalman Stefánsson

 

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