l’ultima luce

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                 Gabriel Isak Photography

 

Lì dove mi immersi per trovarti
si è perso l’essere
e ammutolisce il profeta del mio cuore.
Sei in una forma assoluta
irraggiungibile anche alla vita stessa,
sei una macchia bianca
poca acqua torbida.
Desidero erodere
la mia ultima luce
là dove nulla
ferma lo sguardo:
neppure una rondine voglio all’orizzonte
nessun miraggio.
Sarà morto il mio cuore
e ancora vivrò
aspirerò, nella natura,
e ti chiamerò estate
senza più memoria
ti chiamerò fiore, finché
il mito farà scorrere
dietro di me la tenda:
di fronte al muro bianco
tutto compiuto e candito
e io uno scarafaggio calpestato.

Inverno ’75 – Primavera ‘76

Poesie tratte dalla raccolta
Le carte sparse di Penelope di Katerina Angelaki-Rooke
traduzione di Sofia Demetrula Rosati
pubblicate sul n. 201 di Poesia (Crocetti editore)

Antonis Fostieris tradotto su Anterem

Sul nuovo numero della rivista Anterem (n.88 – giugno 2014) dal titolo “Per crescita di buio”,  poesie di Antonis Fostieris dalla raccolta Lete prezioso.

Traduzione e riflessione critica di Sofia Demetrula Rosati

 

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 Si potrebbe dire che abbiamo due destini: uno mobile e senza importanza, che si compie; e un altro, immobile e importante, che non si conosce mai.
Musil

 Sommario

 Editoriale

 

considerazioni sul “poeta che traduce poesia d’altri”

traduzione poeticaQuando mi si chiede di tradurre poesia, nel mio caso dal greco moderno, so già che mi aspetta un lungo periodo di inquietudine, di lettura dei testi e pause infinite, ruminazioni senza posa, nottate sui dizionari, spesso più su quello di italiano piuttosto che su quello di greco, innamoramenti lessicali, infinito fare e disfare. E so che prima o poi sarò costretta a mettere un punto, mio malgrado, avendo trasgredito qualsiasi “andare oltre le scadenze”. Sarò costretta a mettere un punto perché altrimenti quella traduzione non vedrà mai fine e pubblicazione. Ma ogni volta mi chiedo come si fa a chiudere una traduzione?

Voglio dire: per un qualsiasi testo poetico, italiano o già tradotto, ad ogni rilettura trovo una nuova dimensione di senso, un’ispirazione, una sfumatura e mai finisco e mai voglio finire perché altrimenti non sarei poeta io stessa. E in questi casi mi trovo di fronte ad testo già chiuso (o almeno così qualcuno ha deciso). Ma quando devo essere io a decidere? Beh si dirà: attieniti quanto più strettamente al testo scritto dal poeta ed effettua solo quei tradimenti “necessari” a che la lettura della poesia possa “svolgersi” in italiano. Ma io non sono una traduttrice, io sono poeta. Quando apro il dizionario per vedere quante “sfumature” di traduzione ha uno stesso vocabolo, per me sono tutte da tenere in serissima considerazione, e poi quando propendo per un vocabolo allora ne vado a cercare le sfumature nel dizionario di italiano per essere sicura che voglia dire proprio quello che io ho sentito “volesse” dire, per poi, ovviamente tornare indietro.

Se penso a tutte le volte che amici o lettori appassionati dei miei testi mi hanno chiesto “ma cosa volevi dire esattamente qui, in questo/i versi….spiegami” e alla rabbia che puntualmente mi assale e che nascondo malvolentieri perché l’unica risposta possibile è: quello che io voglio dire a te non deve interessare più di tanto, non sperare di rubarmi l’anima anche se te l’ho sbattuta su di una pagina bianca, vedi piuttosto se qualche parte della “tua” anima si rispecchia in quella pagina opaca e parlamene.

E quindi con quale presunzione posso pensare di accingermi a tradurre un testo cercandone la traduzione più esatta e soprattutto a quali delle infinite dimensioni di senso che mi arrivano da quel testo dovrò dare voce e, finalmente far cadere la penna? Sinceramente non lo so.

Mi dico solo che, meno male non sarò l’unica a tradurre questo testo, anche altri traduttori e poeti si cimenteranno, prima o poi con esso e riporteranno altro. Io avrò solo fatto la traduzione più approssimativa al mio dire di quel preciso momento della mia vita.

© sofia demetrula rosati