asemic

“I’m particularly interested in exploring the moment when
a simple line on a page begins to have meaning,
when the content of a gesture is sufficient to scream, “I exist!
“Michael Jacobson “Works & Interviews”

ἄσημος

Per me, poeta con particolare vocazione per la poesia filosofica, la parola e la sua riproduzione grafica svolge un ruolo centrale nel lavoro artistico. La parola scritta è un simbolo linguistico/culturale e come tale trova un suo modo di essere all’interno dell’universo che ciascuno di noi rappresenta. E quante volte ho sentito ingabbiato il ‘mio desiderio di dire’ in una grafia troppo limitata e noiosamente ripetitiva. Questo senso di ingabbiamento ha sempre riconosciuto l’esistenza di una grafia interna, che non trovava una facile via di espressione. Ci sono voluti anni di scrittura e soprattutto di scrittura poetica. A un tratto i simboli riprodotti 30mila anni fa piuttosto che l’altro ieri sono diventati riconoscibili come un unico codice di senso.

Ciascuno di noi è guidato da un linguaggio universale che ha accomunato l’intera umanità e che si è espresso nei millenni attraverso simboli, geometrie, grafie (l’esempio più eclatante è quello delle rappresentazioni rupestri) e che non può non appartenere al nostro patrimonio archetipico. Questo patrimonio è, secondo me, attingibile solo attraverso l’uso di una grafia asemica che risulta al tempo stesso ‘illegibile a chi la usa’ ma riconoscibile da tutti. Come afferma Michael Jacobson, uno dei maggiori esponenti dell’asemic writing a livello internazionale: “I feel a great connection with writers of the past, whether it’s cave painted proto-writing, hieroglyphs, illuminated manuscripts […] Maybe we could ever consider asemic writing as a truly universal language. (Michael Jacobson, “Works & Interviews” 2019).

Particolare fonte di ispirazione per i miei lavori sono le scritture indecifrabili pre-elleniche (Lineare A, disco di Festo, geroglifici minoici, ecc.) nonché il carattere della scrittura greca (sia antica che moderna). Tutti elementi, questi, che mi appartengono non solo in senso culturale date le mie origini greche, ma che esercitano una forte suggestione archetipica che caratterizza, da sempre, tutto il mio lavoro poetico.

Dopo anni di studi di tecniche calligrafiche orientali e occidentali, la καλλι-γραφία (con pennello, penna stilografica, grafite ecc) è diventata il principale mezzo di espressione nei miei asemic work. Un esercizio, quello calligrafico, che può richiedere ore prima di raggiungere un solo tratto ‘giusto’ nel senso di rispondente a ciò che vogliamo esprimere – come ci insegnano i maestri calligrafi giapponesi – dove occorre  raggiungere uno svuotamento dell’io per lasciar risuonare la nostra essenza. Lo stato meditativo che spesso si raggiunge mi permette di ottenere l’uso di una grafia asemica, nel senso di non codificabile dal punto di vista di una alfabeto riconoscibile, ma al tempo stesso altamente simbolica sul piano archetipico. Una modalità di espressione/comunicazione attivabile da chiunque voglia entrare in relazione con i simboli rappresentati.

Poter scegliere liberamente il tratto grafico, la direzione e l’organizzazione del testo sulla pagina (cartacea o virtuale) il tutto sulla base della mia particolare esigenza espressiva, ecco tutto ciò ha trovato nell’asemic writing una meravigliosa opportunità di comunicazione artistica. Come afferma l’artista e poeta Renee Gladman   “It seemed one needed to write in order to see; one had to move out across the page and then through—but maybe not through the page. It would be movement nonetheless and would require the body to transform the physical body becoming astral or like a line itself, moving further in.”( Renee Gladman, Prose Architectures 2013)

Un’estensione del corpo oltre la pagina, con una grafia che non pone limiti al pensiero e quindi al corpo.

 

                                                           

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