Studio sulla probabile evoluzione della parola composta “madre terra”, nelle iscrizioni in lingua Minoica (Lineare A – geroglifici cretesi + caratteri del disco di Phaistos).
La scrittura Minoica (un corpus complessivo di circa 10mila segni) resta solo parzialmente decifrata e soprattutto rimane del tutto sconosciuta la sua fonetica che non sembra riconducibile a nessuna lingua nota. La civiltà Minoica (risalente al periodo del bronzo, evolutasi approssimativamente dal 2000 a.C. al 1450 a.C.) era dedita principalmente al culto della Dea madre. Il greco antico e (di conseguenza) quello moderno, sembra potersi far risalire più direttamente alla Lineare B, scrittura della lingua Micenea (anch’essa appartenente al corpus delle lingue cretesi dell’età del bronzo) ampiamente codificata. La civiltà Micenea era dedita al culto patriarcale e il suo sviluppo si basò principalmente sulla distruzione della civiltà Minoica.
Nelle opere calligrafiche qui presentate ho voluto provare a tratteggiare alcuni simboli provenienti dalla scrittura Minoica che nell’evoluzione delle sue rappresentazioni grafiche, metaforizza un linguaggio mitico-religioso in gran parte ancora sconosciuto.
Le immagine sono state realizzate con tecnica calligrafica (Calligrafia giapponese SHODO e Brush Script occidentale), pennello e inchiostro di china nero su carta Torchon Fabriano.
Testo e opere di Sofia Demetrula Rosati
IDAMATE
riproduzione dell’iscrizione in lineare A (scrittura Minoica, non codificata, del 2100–1900 a.C), rappresentante la parola I-DA MA-TE dal probabile significato di “madre terra”
NADATE
riproduzione dell’iscrizione presente sul disco di Phaistos (scrittura minoica, non codificata, del 1700 AC circa), appresentante la parola NA- DA -TE dal probabile significato di “madre terra”
IKWE
riproduzione dell’iscrizione presente sul disco di Phaistos (scrittura minoica, non codificata, del 1700 AC circa.), rappresentante la parola I- KWE = ACCO dal probabile significato di “madre terra”
“A Trotula che dispensò bellezza e cura”
testo poetico di Sofia Demetrula Rosati
nota critica di Mara Cini
Un mediterraneo frammento di racconto situato in un tempo mitico dove regna il principio del naturale, dove, ancor prima che fosse impressa la parola alle pietree la tradizione orale si potesse srotolare nel tempo della memoria gli elementi vegetali, terresti, marini dominano, in una specie di perfezione primordiale.
Qui la presenza umana, storia e dolore, sapere e carne viva, destinati a diventare opaca polvere, riverberano come pulviscolo luminoso , traccia pulsante che cerca di tenersi alle concatenazioni ancestrali, alle vite vissute come ricordi tatuati.
Allusioni a magici culti femminili, forse analoghi al culto della scrittura, sorella delle sagome, svelano o nascondono il liquido delle parole annegate nel proprio riflesso.
La poesia di Antonis Fostieris tra la filosofia ellenistica e il pensiero di María Zambrano.
di Sofia Demetrula Rosati
Amore e Psiche stanti Antonio Canova (1788-1793)
Colpisce, nella poesia di Antonis Fostieris, la ricchezza di citazioni, l’uso del verso di altri poeti inserito nelle proprie poesie, nonché l’implicito ma pervasivo rimando ai filosofi del periodo presocratico e a Socrate stesso. Il tutto attraverso l’utilizzo di un linguaggio essenziale, mai lirico, al limite del prosaico; la complessità viene ricercata sul piano delle assonanze, dei giochi di parole, capace di rischiare lo scardinamento della lingua stessa. L’uso della lingua in modo così sofisticato, appare quasi dissacratorio, perché è in greco che scrive Fostieris, e la lingua greca (antica o moderna che sia) non è forse già di per sé un assioma per tutto il mondo occidentale? Ma proprio questo uso così ardito, sembra permettere al poeta di ottenere quella giusta composizione alchemica, capace di dissolvere la formula filosofica in immagine poetica. Non si fonde con essa, non la trasforma, non ne esalta il senso e neanche lo disgrega. Semplicemente lo liquefà. La poesia di Fostieris pone l’ultima definitiva parola all’antichissima disputa tra poesia e filosofia, sancendo definitivamente la superiorità della parola poetica. Egli sembra aver risposto a quel quesito, posto da María Zambrano, e rimasto ancora ad interrogarci: “Non sarà possibile che in un qualche giorno felice la poesia raccolga, fissando lucidamente e per tutti il proprio sogno, tutto ciò che la filosofia sa, tutto ciò che ha appreso nel suo allontanamento e nel suo dubbio?”
Questo lavoro alchemico è particolarmente evidente nella silloge “Lete prezioso”. Essa si apre con un trittico (Psiche significa farfalla, La poesia non nasce dalle idee e Pneuma significa soffio) che sembra un vero e proprio trattato di filosofia socratica, sulla Psiche il Pneuma e la creazione della poesia. Psiche significa farfalla, basta aprire un dizionario cercare il termine psiche e passando attraverso il significato di anima, soffio, si arriva a quello di farfalla, sia in riferimento al noto personaggio delle Metamorfosi di Apuleio, ma anche ad una specie di lepidottero “dalla livrea modesta”. Ed è proprio al lepidottero che si riferisce Fostieris. Eufemismo dice il poeta, perché l’anima psiche è il luogo del tormento senza posa e il tarlo che non vola, non ascende verso l’alto, ma ingrassa e sprofonda proprio in quel soma che dovrebbe sentire come separato da sé. Anche per María Zambrano l’anima-farfalla in alcuni casi muore, in altri vola via, ma “Raramente si è verificato quel miracolo di agilità della mente, che le permette di trattare adeguatamente l’anima, di costruire una rete fatta apposta per catturare la realtà sfuggente della psiche.” Psiche significa Farfalla e Pneuma significa soffio. Quindi sembra, qui, mantenersi la distinzione socratica tra Ψυχή e Πνεύμα mentre l’elemento corporeo, che dovrebbe essere ad essi contrapposto, non è il soma ma la poesia. La poesia non nasce dalle idee dice Fostieris e se Pneuma significa soffio (divino) dal quale dovrebbe discendere, egli ci disincanta immediatamente, perché la poesia, dice, non può nascere da un pensiero tanto elementare (anche se lo stesso poeta nazionale Dionisos Solomos aveva scritto: Prima deve concepire l’intelletto/ e dopo il cuore caldo potrà sentire). Se la Zambrano sottolinea che “l’impresa della filosofia greca fu quella di scoprire e presentare come suo quell’abisso dell’essere situato più in là di ogni essere sensibile, che è la realtà poetica, la fonte di tutta la poesia”, Fostieris restituisce il primato alla parola poetica, a quell’eterno trionfo dei sentimenti che bandito dall’ambito filosofico, trova nella poesia il pieno riconoscimento: E allora/ Ti resta solo il sentire/ Solo il sentire ti resta/ Della profonda sconfitta/ Per l’immutabile gloria/ Dei sentimenti.
Ψυχή e Πνεύμα, tornano quindi in unità nella poesia Pneuma significa soffio, rappresentando l’altro luogo (ό αλλος τόπος) quasi si trattasse di una finzione scenica dove le farfalle pascolano fiori in un luogo verdeggiante e dove spira tanto vento (perché i soffi di pneuma e psiche si uniscono), un vento fresco, un mondo parallelo più simile al contemporaneo Truman Show, dal quale nessuno è mai fuggito.
Articolo pubblicato sul numero 88 della Rivista Anterem
Splendida recensione sull’ultima opera dell’immeso Robert Graves. “Dell’amore Graves parla con chiarezza e a lungo, ne La Dea Bianca: la parola poesia sta al poeta come la parola amore all’amante, dice, e non c’è ispirazione, non c’è preghiera alla Dea che non passi attraverso la furia dell’innamoramento per una donna che in quell’attimo sia la Dea stessa.”
R. Graves, “Sette giorni fra mille anni”, Nottetempo 2015, traduzione di Silvia Bre, postfazione di Silvia Ronchey.
Più la questione è sottile più mi rende felice. Graves,Sette giorni fra mille anni
Che si tenga attivo il servizio postale in Persia o che un esponente della Specie Impermanente dei Cammelli Polari ci tenga un discorso (1), che una linea stupisca un punto e si domandi se potrà mai essere stupita a sua volta da qualcosa di più complesso o che un ragazzo con il bagaglio linguistico di Shakespeare snellisca la sua lingua solo per maledirci, in rari momenti la letteratura raggiunge il suo punto più generoso come nella distopia, quando alla bellezza di leggere un libro si aggiunge la potenza di essere trascinati davanti allo specchio delle possibilità. “Specchio” era la parola usata da Lem di fronte ai mondi di cui eravamo in cerca – lui che…