Succede che per strada
urlo senza ritegno.
Come nei sogni la voce è silenziosa,
me ne rendo conto.
Allora cerco di scoprire
in quali teste c’è lo stesso intollerabile
urlo che sbatte,
se passa almeno nello sguardo
e se quello sguardo riesce a incontrarsi col mio
mentre andiamo in giro per un impegno
stranamente preciso
e invece non c’è nessun posto reale dove andare
dove il corpo e le parole
possono entrare e uscire
senza le solite piatte conseguenze:
Ci sono donne tutte fasciate
in una lunga benda
che controlla le loro porosità
(lo sguardo che si affaccia dalla fessura)
e donne tutte fuori dalla benda
che si trascinano il rotolo sotto braccio
(il braccio geme sommessamente)
mentre lo sguardo sbatte nervoso-allegro
incontrandosi col mio.
Ci sono ragazzi con occhi dappertutto
e lo sguardo che urla confusamente
attraverso una scapola un braccio la mano
mentre la tempesta dell’ordine
cade secca sulle loro palpebre.
Ci incrociamo per un secondo
emozionati dall’emozione
di avere forse qualcosa in comune.
Nel frattempo stiamo attenti a non inciampare
in quelli che camminano a quattro zampe
o in quelli che fanno fatica a reggersi in piedi
col proposito di rivivere
e stiamo anche attenti a non intralciare
la corsa dei bambini
che un niente può interrompere,
ad esempio quel mio impegno
che insisto a ritenere proprio preciso.