Cade il suono
come il tonfo di un remo
nel silenzio.
(A.M. Curci)
Il 3 novembre 1914, cento anni fa, moriva all’ospedale di Cracovia, probabilmente suicida per una dose eccessiva di cocaina, il poeta austriaco Georg Trakl. Nelle sue poesie, che si possono leggere anche nelle traduzioni di Elio Gianturco (1925), Leone Traverso (1938), di Giaime Pintor (1939-40), di Ida Porena (1963), di Ervino Pocar (1974), di Enrico De Angelis (1999; l’elenco prosegue, ché la poesia di Trakl continua a essere frequentata assiduamente anche in quella lettura ‘al quadrato’ che è la traduzione) la «azzurritudine» (Bläue) della natura limpida e, insieme, trasfigurata, si affianca alla cadenza, come attutita dal manto di nebbia, del remo nelle acque che scorrono, chiare o torbide, lente e inesorabili e, ancora, alla visione inequivocabile del disfacimento (Verfall) all’orrore della guerra – la lirica Grodek ne è l’esempio più esplicito e sconvolgente –…
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