Grazie a Cesare Viviani per questa riflessione sulla poesia del “duemila”.
Condivisibile in ogni sua parte.
Cesare Viviani
“Si è detto che la poesia è anche, immancabilmente, esperienza del limite, limite che è già inizio dell’estraneità, e quindi illeggibile, insuperabile, non c’è parola, intuizione, simbolo o immaginazione capaci di farlo nostro o di ridurlo. È l’equivalente del limite ultimo della vita: in questo senso la poesia è vita, e non limitazione di essa.
Vorrei che fossero altro questi sedicenti poeti, giovanissimi e giovani, che in qualche occasione pubblica mi guardano storto, loro che non hanno letto niente dei libri che ho scritto, e mi salutano appena, forse per fare contento il loro tutore che non mi ama, o forse perché io non sono mai riuscito a elogiare i loro versi.
La poesia è finita. Prima era essere che aveva le vertigini di fronte ai suoi limiti, era essere e non essere. Oggi è un intruglio bastardo di essere e superessere.
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