Sebbene in alcuni fortunati mortali poesia e pensiero si siano incontrati e abbiano
coinciso, sebbene in altri – ancora più fortunati – si siano fusi in un’unica forma espressiva, non vi è dubbio che, nel nostro contesto storico-culturale, poesia e pensiero si contrappongano con nettezza. Entrambe le forme espressive, infatti, vogliono per sé, in eterno, il luogo in cui l’anima si annida, e questo loro reciproco disputare ha spesso sciupato vocazioni poetiche e reso sterili angosce degne di ben altro sbocco concettuale.
Un altro motivo decisivo per cui non possiamo abbandonare l’argomento è che oggi poesia e pensiero ci appaiono come due forme incomplete e ci vengono incontro come due metà dell’uomo: il filosofo e il poeta. Nella filosofia non si trova l’uomo intero, nella poesia non si trova la totalità dell’umano. Se nella poesia troviamo direttamente l’uomo concreto, individuale, nella filosofia ci imbattiamo nell’uomo inserito nella sua storia universale, nel suo voler essere. La poesia è un incontro, dono, scoperta venuta dal cielo. La filosofia è ricerca, urgente domanda guidata da un metodo.
È in Platone che la lotta fra le due forme della parola, ingaggiata in tutto il suo vigore, si conclude col trionfo del logos del pensiero filosofico, determinando ciò che potremmo definire “la condanna della poesia”. Ha inizio così, nella cultura occidentale, la vita rischiosa della poesia, quasi respinta ai margini dalla legge, maledetta, costretta a vagare su accidentati sentieri, sempre sul punto di perdersi, esposta al continuo pericolo della follia. Nel momento in cui il pensiero compì la “presa del potere”, poesia si accontentò di vivere ai margini, da cui esacerbata e lacera, in rivolta perenne, urla le sue sconvenienti verità. Se i filosofi non hanno governato ancora alcuna repubblica, la ragione da essi istituita ha esercitato un dominio decisivo nella conoscenza e ciò che non era radicalmente razionale, in curiosa alternanza, o era soggiogato dal suo fascino o vi si ribellava.
da Filosofia e poesia di MarÍa Zambrano (ed. Pendragon)
MarÍa Zambrano (Vélez-Malaga, 1904 – Madrid 1991) filosofa e saggista, considerata una delle figure più complesse del Novecento spagnolo. Interprete molto attenta e sensibile dell’opera di Miguel de Unamuno e della poesia di Antonio Machado. Allieva di José Ortega y Gasset e di Xavier Zubiri all’Universidad Central di Madrid, dove si laurea in filosofia e svolge il ruolo di mediatrice tra Ortega e un gruppo di giovani scrittori, come Sánchez Barbudo o José Antonio Maravall. Fu tra le prime donne spagnole ad intraprendere le carriera universitaria.