e sono qui

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e sono qui
amico mio amica mia
ad indossare carne
perché si rendano visibili le tue rughe
che da tempo
ho assunto
come mia espressione
a mostrarti l’estetica del dolore
perché tu possa sperimentare
la densa pietà di uno sguardo che non ti conosce
a chiederti di tessere un velo di trama sottile
perché ho necessità delle tue mani
sul mio volto
in movimenti studiati
© sofia demetrula rosati
jessica rimondi
quadro di Jessica Rimondi

eravamo persone semplici finché non si ruppero le dighe

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ciascuno aveva il suo dilagamento oleoso  da gestire

le mura delle dighe    un lavoro continuo    quella la nostra umiltà e umiliazione
devota   con lo sguardo interrotto    che aveva smesso di capire
il contenimento   l’unica urgenza    la semplicità era la nostra pelle
le nostre urla sommerse    il nostro forsennato    dolore
un giorno    in un determinato istante sincronico   un’unica frana
le prospettive   si sono impossessate   del paesaggio circostante
non sembrava ci fossero    ombre
sguazzavamo liberi nei nostri pantani oleosi e ascoltavamo   accordandole
tutte le urla     ora emerse   una ad una
c’era molto da fare   da costruire  misurare  squadrare
ricominciammo il nostro lavoro   continuo   senza umiltà e umiliazione
increduli   incostanti   con lo sguardo sfacciato e pretenzioso
non ho mai capito se quel determinato istante sincronico è
stato
   voluto o   subìto
non ho mai creduto   che la semplicità sia solo   un orrendo vissuto
© sofia demetrula rosati