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e sono qui amico mio amica mia
ad indossare carne
perché si rendano visibili le tue rughe
che da tempo ho assunto
come mia espressione
a mostrarti l’estetica del dolore
perché tu possa sperimentare
la densa pietà di uno sguardo che non ti conosce
a chiederti di tessere un velo di trama sottile
perché ho necessità delle tue mani sul mio volto
in movimenti studiati
© sofia demetrula rosati

quadro di Jessica Rimondi
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notte jazz
sensualità di
notturna città
un’insegna
lampeggia
blu neon
tavolo appartato
– desidera madame? –
sì! desidero!
© sofia demetrula rosati

Edward Hopper – 1927
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con tutta questa vita
che pulsa nelle vene
le gambe stanche
trascinano l’insolenza
dell’esserci
© sofia demetrula rosati
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ciascuno aveva il suo dilagamento oleoso da gestire
le mura delle dighe un lavoro continuo quella la nostra umiltà e umiliazione
devota con lo sguardo interrotto che aveva smesso di capire
il contenimento l’unica urgenza la semplicità era la nostra pelle
le nostre urla sommerse il nostro forsennato dolore
un giorno in un determinato istante sincronico un’unica frana
le prospettive si sono impossessate del paesaggio circostante
non sembrava ci fossero ombre
sguazzavamo liberi nei nostri pantani oleosi e ascoltavamo accordandole
tutte le urla ora emerse una ad una
c’era molto da fare da costruire misurare squadrare
ricominciammo il nostro lavoro continuo senza umiltà e umiliazione
increduli incostanti con lo sguardo sfacciato e pretenzioso
non ho mai capito se quel determinato istante sincronico è
stato voluto o subìto
non ho mai creduto che la semplicità sia solo un orrendo vissuto
© sofia demetrula rosati
avevo deciso che avrei lasciato la casa coniugale solo quando fosse morta mia madre c‘è un numero elevato di sguardi di disapprovazione che una figlia può subire oltre quel numero non è possibile andare il punto di non ritorno è una linea orizzontale geometrie inesatte
© sofia demetrula rosati
